I contributi nelle opere pubbliche
- Alessandro Tornese
- 24 giu 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 25 giu 2024
I contributi si dividono in contributi in conto capitale e in contributi in conto esercizio. All’interno della categoria dei contributi in conto capitale si individua una sottocategoria chiamata “contributi in conto impianti”. Questi ultimi sono erogazioni effettuate per l’acquisizione di determinati beni ammortizzabili da utilizzare nell’attività di impresa. Secondo i principi contabili nazionali OIC 16, i contributi in conto impianti si possono contabilizzare attraverso due alternative metodologiche:
- criterio del ricavo pluriennale
- criterio della rettifica del costo pluriennale
Con il criterio del ricavo pluriennale il contributo viene registrato come entrata per il primo anno, tramite i risconti passivi si rimanda il ricavo agli esercizi successivi e in conto economico si procede all’ammortamento del bene. Il ricavo riscontato può essere rimandato agli esercizi successivi in base alla vita utile del bene a cui il contributo è legato. Diversamente, con il criterio della rettifica del costo pluriennale si procede alla nettizzazione del costo storico del bene e all’ammortamento del valore residuo in conto economico. In passato era previsto l'utilizzo del metodo patrimoniale con cui si contabilizzava il contributo nelle poste del patrimonio netto integrando così il capitale di rischio dell'impresa. Per adeguarsi ai principi contabili internazionali questo metodo è stato eliminato e oggi i contributi producono in contabilità gli stessi effetti dei ricavi.
Nel Partenariato Pubblico Privato (PPP) una prerogativa fondamentale per la qualificazione di un contratto come PPP è il trasferimento del rischio operativo al concessionario. Con l’art. 177 comma 2 del D.lgs. 36/2023 si afferma “La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una effettiva esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”. Per tale ragione è fondamentale che il contributo non sollevi il concessionario da perdite potenziali. I contributi sono frequenti nelle opere fredde, cioè interventi che pur avendo una grande utilità sociale non sono vendibili al mercato (scuole, ospedali, asili nido, ...). Frequentemente, le opere fredde vengono portate a termine attraverso i contratti di disponibilità. Si tratta di rapporti contrattuali in cui il canone da riconoscere al privato viene erogato sulla base di indicatori prestazionali (chiamati Key Performance Indicator) che misurano le performance del concessionario. In tal caso, il rischio rimane in capo all’impresa poiché la recezione del canone è legata alla gestione. Spesso, però, in questi tipi di contratti per incentivare le imprese edili alla partecipazione si riconosce un intervento di sostegno iniziale. Più alto è il contributo iniziale tanto più si abbassa l’importo del canone di disponibilità da corrispondere durante la concessione.
Per la pubblica amministrazione è importante scegliere il giusto trade-off tra contribuzione iniziale e canone di disponibilità. In fase di progettazione è utile includere questa scelta all’interno dell’istruttoria ai sensi dell’articolo 175 comma 2. Tale scelta, infatti, può influenzare l’efficiente allocazione del rischio operativo, la capacità di indebitamento dell'ente e la disponibilità di risorse sul bilancio pluriennale. Questa analisi può essere svolta integrando il Public Sector Comparator.
L’art. 177 comma 7 afferma che l’opera, per essere classificata off balance, non deve superare il limite del 50% di contribuzione pubblica. Questo limite stabilito da Eurostat non mette in dubbio che il contratto possa qualificarsi ugualmente come PPP. Infatti, il comma 6 afferma che non si applicano le disposizioni del Partenariato Pubblico Privato ma quelle dell’appalto se il contributo è pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l’operatore economico deve sostenere.
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